La Festa di settembre: Processione

CAPITOLO V
LA FESTA DELLA PREZIOSA
2) La festa religiosa 

La festa di Settembre aveva un duplice aspetto: da una parte riguardava il sentimento religioso del popolo e si svolgeva soprattutto in Chiesa, dall’altro si rifaceva alla sua voglia di svago e di divertimento e riguardava gi aspetti civili e la “festa di piazza”, che era non meno importante dell’altra, perché portava una nota di gioia e di spensieratezza nella monotonia della vita di ogni giorno.
A testimoniare la considerazione delle stesse autorità ecclesiastiche nei confronti degli aspetti non propriamente “sacri” della festa, resta il fatto che, se il giorno 8 Settembre, festa della Beata Vergine Preziosa, cadeva di Venerdì, era concessa la dispensa dal divieto di consumare carne, come era prescritto per tutti i venerdì dell’anno.
La festa religiosa era sempre preceduta da un “Triduo o da una Novena” tenuti da un predicatore forestiero, invitato dal parroco affinché si potessero accostare alla confessione anche i peccatori più incalliti, che si sarebbero sentiti più a proprio agio, confessandosi ad un sacerdote che non conoscevano. A questo proposito vorrei ricordare una curiosità circa il Sacramento della Penitenza. I sacerdoti appena ordinati non avevano la licenza di confessare; dopo qualche anno ricevevano il permesso prima per gli uomini e, solo successivamente, anche per le donne.
Il giorno della festa della Vergine Preziosa, le messe erano officiate in modo solenne (messe cantate)  e, spesso, erano accompagnate dai musicisti del Teatro S. Carlo di Napoli. Non mancava il “Panegirico” (predica larga) incentrato sulle virtù della Vergine e sulle grazie da lei dispensate.
Alla fine della messa generalmente “usciva” la Processione. Immediatamente prima dell’uscita si metteva all’asta, cioè si concedeva al miglior offerente, la possibilità di portare sulle spalle il quadro durante il trasporto.   La “mazza” aveva un valore differente a secondo che si trovasse sul davanti o sul dietro, sulla destra o sulla sinistra, per cui si assisteva alla corsa alla mazza destra e a quella davanti che erano le più ambite, anche se costavano di più.
Fatto questo e incassata una bella sommetta, il quadro procedeva tra due ali di popolo plaudente seguito dai ministri del culto, dalle congreghe e dalle donne che avevano ricevuto grazie particolari. Con i piedi scalzi, i capelli sciolti, il vestito scuro trattenuto da un cordone bianco, recavano un cero, talvolta così grosso e pesante da dover essere trasportato da più persone.
Sino al secolo scorso buona parte di loro aveva o avrebbe messo in atto la “lingua a strascino” una pratica per noi impensabile, che ho appreso dalla mia nonna, che l’aveva personalmente sperimentata. Anch’essa si faceva come ringraziamento per grazia ricevuta, e consisteva nel percorrere, con la faccia e la lingua per terra, tutto il pavimento della chiesa, dalle porte all’altare fino al presbiterio. Si comprende facilmente come, per motivi igienici, la pratica fosse stata vietata, ma ricordarla serve a valutare la forza e la saldezza della fede dei Casalesi, disposti a tutto per testimoniarla.
Tornando, dopo questa digressione, al nostro corteo processionale, lo vediamo procedere lentamente accompagnato da canti, preghiere, acclamazioni e scoppio di mortaretti. Intorno, appeso ai balconi e alle finestre, brillava, in tutto il suo splendore, il meglio dei corredi delle ragazze casalesi, le quali avevano confezionato e conservato, proprio in vista delle processioni, alcuni capi particolari come la famosa “tovaglia di seggia”. Erano queste dei rivestimenti, preziosamente ricamati, per sedie e scannetti, da esporre per l’occasione insieme a vasi e piante verdi.
Durante la processione venivano fatti tutti i tipi di offerte, dal denaro ai prodotti della natura agli animali. Non di rado venivano offerti bufalotti o vitellini, maialini, capretti, pecore e spesso polli, tacchini, pavoni e oche. Da bambina osservavo con stupore i carretti pieni di frutta, ortaggi e zucche e quelli che trasportavano tanti tipi di animali, tutti offerti per la “vendita” che avveniva nel pomeriggio, per raggranellare i soldi per la festa. Non mancavano gli ex-voto d’argento, con la parte del corpo guarita per intercessione divina e gli oggetti d’oro venduti o entrati a far parte, in epoche diverse, del tesoro della Madonna. Una pratica abbastanza comune era, in passato, il “volo dell’Angelo” che consisteva nel far discendere dall’alto, attaccato a robuste  funi, un bambino vestito di bianco che rappresentava un angelo al fine di rendere omaggio alla Vergine Maria. Il più delle volte il bambino, pur terrorizzato, non rinunciava all’importante incarico, ma esibiva un visino così pallido per la paura, da far concorrenza all’abito bianco che indossava.